top of page
Foto5_Margherita_DelPiero PER IL WEB.jpg

RICOMPORRE I DIVARI

recensioni a più voci

RICOMPORRE I DIVARI
Politiche e progetti territoriali contro le disuguaglianze
e per la transizione ecologica

a cura di A. Coppola, M. Del Fabbro, A. Lanzani, G. Pessina, F. Zanfi
 

il Mulino Editore. Milano 2021

Coprtina Ricomporre i divari.jpg

Alessandro Coppola è ricercatore in Urbanistica al Politecnico di Milano.

Matteo Del Fabbro è geografo e dottore di ricerca in Urban studies

Arturo Lanzani geografo e urbanista, è professore ordinario presso il Politecnico di Milano

Gloria Pessina è urbanista e assegnista presso il Politecnico di Milano

Federico Zanfi è architetto e professore associato presso il Politecnico di Milano

Recensione di Davide Simoni*

Ricomporre i divari: un libro necessario

 

Riprendo un invito di Fabrizio Barca in occasione della presentazione di Riabitare L’Italia al Politecnico di Milano: “Oggi l’accademia deve essere militante”, si deve impegnare a restituire nuovi quadri di senso e scenari futuri a partire dall’interpretazione critica della realtà. Ricomporre i divari è un libro militante, necessario in questo momento di transizione, che racchiude lo sforzo di 72 autori di costruire conoscenza utilizzabile attraverso 26 proposte che rendono immagini e visioni al futuro del paese, perseguibili attraverso azioni amministrative concrete che possono essere messe in campo fin da subito. È un libro necessario perché può aprire un dibattito attorno al tema della transizione ecologica, che coinvolga mondo accademico e società e che metta sullo sfondo le geografie della disuguaglianza che troppo spesso non vengono considerate.

In un momento storico di profondi cambiamenti innescati da una serie di crisi, ultima quella pandemica che ha fatto emergere le fragilità ambientali del nostro sistema economico, ci apprestiamo a gestire una mole di finanziamenti quasi inedita. La velocità e l’intensità con cui si stanno configurando i prossimi processi di trasformazione rendono difficile la loro comprensione e la frenesia che sembra accompagnarli rischia di tradursi nella semplice modernizzazione ecologica dell’attuale modello di sviluppo e in una mancata lettura delle conseguenti ricadute territoriali.

Questo libro prova a rendere una lettura della complessità dei nostri sistemi territoriali, delle disuguaglianze sedimentate a seguito dei processi di trasformazione, che oggi emergono con criticità amplificate, e, muovendo da quelli e dall’attuale quadro legislativo, suggerisce delle azioni da mettere in campo. Emergono quattro punti fondamentali: la transizione ecologica a cui oggi siamo chiamati dovrà confrontarsi con la riduzione dei divari sociali e con la costruzione di un nuovo immaginario socio-ecologico; è necessario un ritorno al territorio, attraverso letture diversificate che rendano nuove rappresentazioni in grado di cogliere questioni e potenzialità specifiche; la fisicità e materialità del paese, lo spazio, è una risorsa rinnovabile sul quale puntare per non dissipare un’importante accumulo di capitale sedimentato; l’università è un produttore formidabile di conoscenza utilizzabile, che può mettere in campo momenti di confronto e innescare dibattito attraverso la costruzione di scenari.

 

Il libro è diviso in quattro sezioni: strategie territoriali; patrimoni abitativi; infrastrutture della vita quotidiana; reti e servizi della mobilità.

La prima illustra sette possibili strategie territoriali. Vengono individuati sette ambiti geografici e a partire dai loro potenziali inespressi vengono proposte alcune linee di azione. La scelta di partire con questa sezione è rilevante perché individua subito il taglio che avrà il libro: le fragilità e le conseguenti disuguaglianze sociali con cui siamo chiamati a confrontarci sono variegate e cambiano a seconda dei territori in cui le osserviamo, di conseguenza non possiamo avere dei modelli di transizione universali. Il capitolo propone un viaggio nelle diverse Italie attraverso l’esplorazione di alcune strategie: Aree interne in cui i loro potenziali servizi ecosistemici diventano leva per attivare processi di cura attraverso filiere produttive; Territori sismici con una proposta in grado di fronteggiare la  frammentarietà legislativa per la ricostruzione; Aree costiere in cui affrontare il tema del cambiamento climatico che ne ridisegnerà la fisionomia; Ambiti fluviali con una gestione integrata tra “monte e valle”; Bacino padano in cui affrontare il problema dell’inquinamento atmosferico; Italia di mezzo in cui si concentrano le aree produttive del paese con criticità economico-sociali e urbanistiche-ambientali; Aree metropolitane ai cui margini si concentrano fenomeni di fragilità sociale.

L’oggetto di studio della seconda parte è il patrimonio abitativo: vengono proposte una serie di reinterpretazioni a quello che è stato il meccanismo di caduta a pioggia dei bonus edilizi, che si diversifichino a seconda dei territori e vengano integrati alle politiche urbane e territoriali. I bonus diventano quindi una leva per fare urbanistica partendo dal patrimonio edilizio privato, immaginando nuovi modi di abitare o sinergie tra pubblico e privato, in un’ottica di accrescimento della disponibilità di alloggi sociali o più accessibili, esplorando quindi le ricadute sulla collettività.

Infrastrutture della vita quotidiana posa lo sguardo su alcuni beni materiali del welfare, sulle reti per la distribuzione di servizi di uso quotidiano e sull’apertura di spazi di partecipazione democratica. Una riflessione importante viene fatta sulla fruizione degli spazi quotidiani come strade, parcheggi, scuole e parchi. Pezzi di città ordinaria che troppo spesso vengono banalizzati ma che incidono sul benessere attraverso la loro fruizione quotidiana. Le scuole, spazi di accesso alla società civile e nel quale spesso iniziano a sedimentarsi alcune disparità educative, vengono visti come luoghi privilegiati per innescare azioni di rigenerazione. La maggior parte delle proposte muovono da una operazione manutentiva per immaginare alcune azioni specifiche, assegnandole un ruolo più strutturante che vada oltre la mera operazione di ripristino.

La quarta sezione, reti e servizi della mobilità, apre con una lettura che mette l’Italia al secondo posto in Europa per indice di motorizzazione a dimostrazione di un modello di mobilità auto-centrico che si traduce anche in una visione dello spazio dell’automobile estremamente monofunzionale e poco propensa ad accogliere altri utenti. Le proposte suggeriscono nuovi modi di interpretare la mobilità affidandosi al concetto di prossimità in aree a rischio di marginalità, la reinterpretazione dei sussidi alla mobilità elettrica, la penetrazione sul territorio di linee lente e la reinterpretazione più inclusiva del codice della strada verso un codice della mobilità.

 

Le tematiche affrontate in questo libro sono complesse e interscalari, si intrecciano attraverso le 26 proposte proponendo una fotografia di questioni e luoghi diversi e delle possibili misure integrate applicabili. Ognuna di queste può essere presa e letta per affrontare situazioni diverse, ed è anche questo un pregio di questo libro che si sforza di essere asciutto e operativo. Ora l’impegno successivo sarà quello di innescare momenti di confronto al di fuori dell’università. In questo senso, Ricomporre i divari, può essere un ottimo attivatore di dibattito e rappresenta un invito a prendere parte alla discussione attorno al tavolo della transizione ecologica.

*Chi è Davide Simoni_

Dottorando in Urbanistica presso l’Università IUAV di Venezia, ha studiato Architettura a Cagliari e Milano. La sua ricerca indaga i processi di transizione, attraverso la lente di ingrandimento del suolo, sui lasciti delle grandi stagioni di trasformazione in Sardegna. Dal 2016 svolge attività di collaborazione alla didattica al Politecnico di Milano. Tra i temi affrontati, l’eredità della città pubblica milanese 50’/70’ e il progetto urbanistico nei territori dell’abusivismo sulla costa. Ha svolto attività di indagine con il collettivo immoi, di cui è socio fondatore, attraverso la sperimentazione di processi di rigenerazione urbana e l’organizzazione di laboratori con Scuola, Università e Amministrazione.

DSC_0286_bn_low.jpeg

Recensione di Valentina Ciuffreda*

“Ricomporre i divari”: la transizione ecologica al servizio di nuovi disegni strategici per l’Italia

 

Il volume Ricomporre i divari. Politiche e progetti territoriali contro le disuguaglianze e per la transizione ecologica è una curatela corale a firma di A. Coppola, M. Del Fabbro, A. Lanzani, G. Pessina e F. Zanfi, edita da il Mulino.

Il volume si pone all’interno di un dibattito che affonda le sue radici nella storia dell’urbanistica e della pianificazione territoriale, da sempre impegnate a migliorare le condizioni di vita all’interno delle città, ma che talvolta, complice un modello espansivo basato sulla speculazione edilizia in aree critiche, hanno di fatto ulteriormente allargato i divari, generando fenomeni diffusi di gentrificazione. Il dibattito ospitato dal volume cerca di sciogliere alcuni di questi nodi, tentando di orientare le pratiche architettoniche, urbanistiche e territoriali al fine di perseguire livelli duraturi e crescenti di «uguaglianza socio-spaziale»: lo scenario in cui si ragiona è quello della transizione ecologica, obiettivo processuale al centro delle riflessioni nazionali e internazionale. Nella visione degli autori, l’intreccio dei due temi, l’uguaglianza e la transizione ecologica, implica una «generale trasformazione dei modelli di vita e di un’equa distribuzione dei costi di tale trasformazione fra i diversi gruppi sociali e territori». Ne emerge una trattazione transcalare e multidisciplinare propositiva ed efficace, caratterizzata da una ineludibile quanto mai necessaria concretezza.

​

L’articolata narrazione, così come esplicitato dai curatori nella nota di apertura, è un «cantiere di idee progettuali» frutto di una prima riflessione pubblica avvenuta all’interno del convegno «Ricomporre i divari. Progetti e politiche territoriali contro le disuguaglianze», a febbraio 2020. La struttura del volume si compone di 26 contributi, che ripercorrono idee e dialoghi sulle potenzialità che progetti architettonici, urbani e territoriali possono avere nella riduzione dei divari territoriali nel Paese, tessendo un dialogo a più voci complesso e articolato. Il merito principale del volume è quello di dare voce a molteplici orientamenti, mediante proposte che spaziano dal riconoscimento dell’interdipendenza delle scale del progetto, a partire da quella territoriale, riconoscendo il ruolo centrale delle aree marginali e interne nell’erogazione di risorse atte a ricostituire gli equilibri ecologici e mitigare i cambiamenti climatici, fino alla ricerca di modelli insediativi che riflettano la specificità dei territori e al tempo stesso siano in grado di invertire nettamente la tendenza al consumo di suolo, ripensando sia la mobilità che la distribuzione delle filiere produttive, senza mai trascurare la funzione sociale.

Questi macro-orientamenti non sono dei semplici contenitori di idee che raggruppano le ricerche, ma prendono vita e diventano, nell’articolazione dei diversi contributi, dei veri e propri materiali del progetto, facendo assumere all’approccio della transizione, un punto di vista «sia radicale che realistico», sottolineando in più occasioni il ruolo pubblico che la realtà accademica e la ricerca possono e devono avere nel formulare progetti e proposte informate, capaci di supportare la discussione pubblica, tanto alla scala locale quanto a quella nazionale, praticando un esercizio di consulenza che sia al tempo stesso «immaginario e pragmatico».

La prima parte del libro (introdotta da Del Fabbro) accomuna sotto la locuzione “strategie territoriali” una serie di proposte che compongono un’idea articolata di territorio, che prevede la compartecipazione di diversi soggetti, la cui evoluzione comporta «un’evoluzione di equilibri socio-economici difficilmente prevedibile a priori». L’elaborazione di strategie finalizzate alla definizione di un modello di transizione che accorci disuguaglianze e divari, si concretizza, in questo come negli altri capitoli, con approcci volti ad accompagnare, programmare, e gestire traiettorie di sviluppo per città e territori, riequilibrando e redistribuendo le opportunità, includendo anche le singole comunità locali.

I casi applicativi presentati nel capitolo sono trasversali. Inaugura questa esplorazione lo studio di territori caratterizzati da delicati equilibri, come il caso della proposta di gestione e valorizzazione del capitale naturale nelle Aree Interne (Carrosio, de Renzis), che ne evidenzia il potenziale implicito, passando per la proposta di una legge quadro per le ricostruzioni nei territori sismici (Balducci, Caramaschi, Coppola, Curci, Di Giovanni, di Venosa, Fontana, Franz, Gritti), per poi approdare alle aree costiere (Curci, Mininni, Nanni, Zanchini, Zanfi), per le quali si propone un modello di fruizione e gestione all’insegna della legalità e dell’ecologia basato su una Strategia nazionale, fino a giungere alla limitazione del rischio idraulico negli ambiti fluviali (Becciu, Lanzani, Zanfi), proponendo una visione strategica che tenga insieme pianificazione e disegni ambientali ed ecologici.

La rassegna prosegue con due contributi legati a centri produttivi ed economici, rappresentati rispettivamente dal caso del bacino Padano (Magoni, Pessina, Radaelli), incentrato sulla definizione di una strategia territoriale integrata che consideri il ruolo e la distribuzione spaziale delle attività inquinanti con azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, e dal caso della rigenerazione e valorizzazione dei territori della produzione nell’Italia di mezzo (Lanzani, De Leo, Mattioli, Morello, Zanfi), che fa dell’efficienza, della connessione e del comfort un volano per la definizione di aree produttive sostenibili. All’estremo opposto, rispetto alla prima proposta, chiude il capitolo il progetto di rigenerazione ecologica per i quartieri fragili delle aree metropolitane (Pasqui, Balducci, Coppola, Laino, Petrillo), ponendosi all’altro estremo dell’ipotetico «continuum tra luoghi marginali e luoghi centrali».

La seconda parte del volume (con introduzione di Pessina) affronta una tematica emersa con forza durante la pandemia: la disparità relativa al patrimonio abitativo. Da non sottovalutare è peraltro la quota di emissioni di cui il patrimonio abitativo si fa portatore, frutto della scarsa efficienza energetica degli edifici esistenti. I contributi raccolti individuano soggetti, risorse e strumenti per orientare le risorse del Recovery Plan e farle convergere nella costruzione di un’effettiva transizione energetica. Apre il capitolo la proposta di transizione energetica del patrimonio (Erba, Pagliano), con una «modulazione territorializzata» delle risorse, a cui fa seguito un focus su bonus edilizi e integrazione con politiche urbane e territoriali (Zanfi, Daglio, Perrone, Rusci), necessarie ad una distribuzione più equa degli incentivi fiscali. Si amplia il dibattito con la proposta di riuso del patrimonio privato attraverso le case in affido (Daglio, Marchigiani, Zanfi), al fine di rispondere alla crescente domanda immobiliare contrastando il consumo di suolo, e la proposta di recupero di alloggi Erp sfitti e la riconversione a Erp del patrimonio pubblico non utilizzato (Bricocoli, Cellamare, Cognetti, Marchigiani). Conclude la rassegna la prospettiva di equità basata su rendita, oneri e usi del suolo, a firma di Micelli e Rusci.

La terza parte è un approfondimento sulle infrastrutture della vita quotidiana, date per scontate finché non si verifica una privazione. I contributi esplorano l’importanza della partecipazione nelle decisioni pubbliche (Allegretti, Gargiulo, Secchi, Saija, Ostanel, Coppola) e nella gestione delle esigenze dei territori (Salento, Barbera, Fedeli), così come l’esercizio dei diritti di cittadinanza sociale (Arlotti, Ranci). Viene affrontato, inoltre, il tema delle reti di distribuzione dei beni attraverso la presentazione di strumenti di indirizzo per il loro ridisegno nel territorio (Galluzzi, Lanzani), e l’analisi degli elementi del «welfare materiale», come strade, parcheggi ed aree di risulta (Lanzani, Longo, Renzoni, Zanfi), nuovi parchi agro-sociali (Caravaggi, Lanzani, Longo) e contratti di scuola (Lamacchia, Luisi, Mattioli, Pastore, Renzoni, Savoldi) fino alle politiche contro la segregazione scolastica (Pacchi, Ranci).

L’ultima parte, introdotta da Del Fabbro, chiude il dibattito sulle infrastrutture, dedicandosi alle reti e ai servizi della mobilità. A partire dalla prima proposta, che riflette la possibilità di un ripensamento del Codice della strada al fine di rendere più inclusivi gli spazi (Bozzuto, Fabian, Gandolfi, Munarin, Velo), si passa ai progetti legati al concetto di «mobilità di prossimità», volta a garantire servizi essenziali in contesti fragili (Pucci, Colleoni, Daconto, Vendemmia). Anche il tema della mobilità elettrica trova spazio in questo capitolo (Pucci, Lanza, Del Fabbro), insieme ad una riflessione sui servizi ferroviari regionali (Pucci, Lanza) e sul loro ruolo nel miglioramento dei ritmi di vita e nella tutela delle risorse ambientali. Una visione concreta per rigenerare territori fragili fondata sull’interazione tra reti di percorsi, fondamentali al turismo sostenibile, è data dal contributo di Pileri, Moscarelli, Giacomel, mentre è a cura di Beria e Deberardi la proposta di coesione territoriale attraverso il trasporto pubblico a lunga percorrenza.

 

In chiusura, faccio mio l’augurio di F. Barca, di poter vedere questa raccolta diventare «un grimaldello di cambiamento, sia nei palazzi del governo, sia nel lavoro di tutti noi, noi che di certo non possiamo attendere inerti che si decida, o non si decida, altrove», nella convinzione, citando G. Pasqui, che «il tema delle disuguaglianze sia «la» questione intorno a cui sviluppare conoscenza e ricerca utilizzabile, nella prospettiva di un diverso modello di sviluppo alla scala locale, ma anche alle molteplici scale globali».

*Chi è Valentina Ciuffreda_

​

Dottoranda di Ricerca presso il Dipartimento di Architettura di Pescara, nel quale svolge, dal 2019, attività di tutor nei corsi di Progettazione Urbanistica. Si laurea nel 2017 a Pescara con una tesi in Urbanistica confluita nella pubblicazione della Ricerca “BikeFlu. Atlante dei Contratti di Fiume in Abruzzo”, a cura di Massimo Angrilli. Ha ampliato la ricerca sul tema tra il 2019 e il 2020 con una Borsa di Ricerca.

Dal 2018 collabora alla Consulenza Scientifica per la redazione del P.R.G. del Comune di Pacentro (AQ). Dallo stesso anno è membro della commissione Paesaggio dell’OAPPC di Foggia. Nel 2021 viene eletta membro del Consiglio Direttivo dell’INU Abruzzo e Molise.

Valentina Ciuffreda_foto bn.jpeg
bottom of page