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SULLA COSTA

il libro di Stefanos Antoniadis_ recensioni a più voci

SULLA COSTA

La forma del costruito mediterraneo non accreditato

Stefanos Antoniadis

Anteferma Edizioni. Treviso 2019

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Stefano Antoniadis si è laureato in Architettura all’Università IUAV di Venezia. E' dottore di ricerca in Architettura e Costruzione presso “La Sapienza” Università di Roma, e Doutor em Urbanismo all’Universidade de Lisboa (DD PhD). Dal 2011 svolge attività di ricerca e didattica in ambito accademico sul tema della forma del territorio contemporaneo e sulla trasformabilità del costruito esistente in diversi atenei (UniPD, UniPV, UniTN). Dal 2017 è membro del laboratorio RELOAD del Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale dell’Università degli Studi di Padova ove è anche assegnista di ricerca. Dal 2019 è International Consultant Researcher per il laboratorio formaurbis LAB della Faculdade de Arquitetura dell’Universidade de Lisboa.

Recensione di Angelo Bertolazzi*

A partire dalla fine del XVIII anche la rappresentazione del territorio venne coinvolta dalla rivoluzione culturale e scientifica dell'Età dei Lumi: alle fantasiose rappresentazioni dei secoli precedenti, popolate da allegorie, simboli e creature fantastiche, si sostituì la fedele restituzione delle forme del territorio, resa possibile dalla nuova scienza della topografia. Nelle carte nautiche apparvero così, insieme ai minuziosi rilievi dei porti, delle insenature e delle isole, i principali prospetti della costa, utili riferimenti visivi ai marinai che integravano le preziose informazioni batimetriche dei porti. A quella topografica, basata su principi scientifici, si affiancava dunque una rappresentazione "qualitativa" – ma non per questo meno esatta – della costa di cui venivano trasmessi i principali elementi morfologici naturali e artificiali. Il libro “Sulla costa” propone un analogo aggiornamento degli strumenti per la lettura e la conoscenza del costruito costiero mediterraneo. Questo, accumulo culturale per eccellenza, si presenta ora come un complicato palinsesto nel quale si alternano frammenti di paesaggio naturale con quello artificiale e dal quale emergono elementi come silos, carroponte, ciminiere ed altri objets trouvés che attendono di diventare objets à réaction poetique attraverso un processo di accreditamento. E proprio attorno a questo concetto – l’apporto più originale ed innovativo dell’Autore – ruota l’intero svolgimento della ricerca che coinvolge sia gli strumenti metodologici che quelli culturali e che individua in tre specifici casi studio il territorio per verificare le ipotesi della ricerca. L’opera si può suddividere infatti in due parti. Nella prima vengono poste le principali questioni che animano la ricerca e che coinvolgono principalmente gli strumenti e i criteri metodologici necessari per la comprensione del paesaggio mediterraneo. L’Autore – attraverso un doppio percorso fatto di testo e di immagini – definisce le ipotesi del ragionamento che, superando la visione stereotipata e idilliaca di un’età dell’oro mediterranea, consente di aprire gli occhi su di una porzione non indifferente di costruito costiero, delineando nuove visione e nuovi scenari per il progetto di architettura.

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Questa base, abilmente delineata nelle sue coordinate geografiche e culturali, viene vagliata alla luce di tre casi studio, il golfo di Kyparissía nel Peloponneso, quello di Gaeta e il Margem Sul di Lisbona. Attraverso questi luoghi viene proposta una lettura trasversale che avvicina luoghi geograficamente lontani ma culturalmente molto vicini, dove vengono definiti gli elementi che devono diventare i riferimenti per la lettura del territorio e la base del nuovo progetto contemporaneo. Nelle rapide, ma non banali conclusioni l’Autore sottolinea infatti come “Gli elementi del nuovo vocabolario che caratterizzano i luoghi antropizzati non rientrano nelle categorie formali e spaziali del passato. L’abaco degli oggetti che concorrono alla definizione del paesaggio si è ampliato notevolmente”. Questo processo di accreditamento delinea un percorso culturale il cui principale pregio è quello di alzare a dignità questi “amabili frammenti” con strumenti riconosciuti – in particolare la fotografia – piuttosto che abbassare il livello dell’analisi e cadere quindi in quelle visioni “da cartolina” basate su modelli convenzionali di analisi del territorio e del paesaggio in generale e quello costiero in particolare. Il volume può essere inteso quindi come un nuovo portolano, un prezioso strumento che dovrebbe accompagnare l’architetto o l’ingegnere (in realtà chiunque si occupi del Progetto di Architettura) lungo le difficili impervie rotte dei paradigmi della contemporaneità – come l’environmental sustainability e la circular economy – fornendo un nuovo sistema di riferimento progettuale che, muovendosi nell’alveo culturale del Mediterraneo, consenta di riconoscere i principali elementi – anche formali – in grado di orientare la trasformazione delle coste.

*Chi è Angelo Bertolazzi_ Ingegnere, è ricercatore (SSD ICAR/10) presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Architettonica – DICEA (Università di Padova). Si è formato presso il Dipartimento di Architettura, Urbanistica e Rilievo – DAUR (Università di Padova) e presso l'Ecole Doctorale Villes Transportes et Territoires (Università di Paris-Est), dove ha conseguito il dottorato nel 2013. La sua ricerca si concentra sull'analisi e classificazione del costruito esistente (tecniche e materiali) con particolare attenzione a quello ottocentesco e novecentesco, oltre che ai nuovi materiali e alle strutture leggere per il progetto di riqualificazione.

Recensione di Francesca dal Cin*

In apertura del testo è inserita una fotografia, quasi, a dichiarare l’intento dell’autore: portare con sé il lettore a fare un viaggio nell’altrove. Un altrove antitetico, dove si può avere esperienza dell’empirico, del quotidiano e anche del banale; rinunciando a quell’idea per cui, “in primis”, si debba abdicare a tutto ciò che non sia architettonicamente ritenuto degno di valore. Ed è questo, in fondo, il libro di Stefanos Antoniadis: un percorso dove non sono importanti le molteplici destinazioni che si percorrono insieme, bensì la possibilità di aggiornare un pensiero strutturato sul territorio antropico costiero per, alla fine del viaggio, avere nuovi occhi con cui guardare il paesaggio. La fotografia, scattata dal pozzetto di una barca a vela, è un invito a salire a bordo con l’autore, a seguire il ritmo delle onde e a sentire lo sbattere del vento sulla vela e sul boma. I cavi d’acciaio, le corde, il legno dell’albero maestro e della barca, la tela bianca della vela, sono gli elementi che compositivamente concorrono a formare la cornice, attraverso cui osservare la lunga linea di costa mediterranea.

Una visione d’orizzonte, dall’acqua, da una prospettiva inusuale che amplifica e deforma i fili fissi (lineamenta, Leon Battista Alberti ripreso da Stefanos Antoniadis) e i punti di fuga, ma, che ci permette di ripensare gli elementi che compongono il paesaggio che abitiamo. Immaginare nuovi fari, a cui far riferimento nella navigazione e nella progettazione urbana ed architettonica è lo scopo del libro. Libro scritto con la lucida criticità di chi riconosce nel presente la necessità di ripensare le sovrastrutture intellettive esistenti per poter rileggere e ridisegnare: forme, criteri e regole progettuali.

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Il volume non si presenta esclusivamente come un testo scritto, bensì lavora come una mappa, o meglio, un portolano da utilizzare per analizzare il costruito costiero. Certo, oggigiorno parlare di portolano è sicuramente fuori tempo, eppure, quello che ci si aspetta dalla ricerca accademica e da questo testo, è scoprire il non conosciuto, l’“épos” fuori dall’epoca. I portolani forniscono descrizioni di relazioni e un faro, una torre antica, una fabbrica dismessa, uno sperone di roccia dando a ognuno pari dignità di elementi necessari alla navigazione.

Bordeggiare a margine, il titolo dato a questa breve recensione, è sia la navigazione sotto costa che ci invita a compiere l’autore, sia il faticoso ma necessario esercizio di prendere appunti lungo il bordo della pagina, su cui tracciare i percorsi di questo, ed altri, viaggi di ricerca accademica e scientifica. Navigando di bolina, si effettuano una serie di strambate per risalire in direzione opposta al vento, in un percorso ostinato e contrario, per provare ad immaginare quale possa essere il futuro del costruito costiero, soprattutto di quegli edifici da molti definiti “ecomostri.”

Siccome le dinamiche territoriali descritte non riguardano solamente questioni di accreditamento formale, ma intersecano altri filoni di ricerca cogenti che hanno per oggetto il mare e il costruito, il libro diviene un'opportunità per ripensare al difficile rapporto tra l’acqua e gli insediamenti. Il testo assume il valore di un atlante conoscitivo, attraverso cui comprendere quali siano le domande da porsi sull’identificazione e sulle priorità d’analisi e d’intervento nel paesaggio costiero. Atlante di mappe, portolano ed isolario, ove l’autore riesce a fotografare contemporaneamente le caratteristiche della mappa di città, Iliade, e della mappa di viaggio nell’altrove, Odissea. La mitologia greca è, per l’autore, porto sicuro a cui fare ritorno quando in mare c’è tempesta; quando necessita di districare la matassa del filo di pensiero da cui si era partiti per controbattere alla concezione contemporanea sulla forma del costruito lungo la linea di costa.

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Concludendo, il libro è il tentativo di leggere il territorio, gli elementi che compongono il paesaggio costiero, come si intraprende un viaggio in cui non si può sapere se si tornerà indietro ma in cui, nel percorso, si incontrano nuove prospettive attraverso cui guardare il presente. Nel testo l’autore cita il mito di Pandora, eppure sostengo che nei versi della profezia di Tiresia (Odissea, XI, 90-137) si possa trovare il significato di questo libro, ed il motivo per cui è importante leggerlo.

Stefanos Antoniadis con la sua macchina fotografica e le sue parole, come Ulisse con il lungo remo della barca nel mito, indica al lettore dove guardare e che cosa osservare per comprendere le costellazioni contemporanee che compongono il paesaggio per riuscire, di nuovo, ad orientarci.

“(...) allora parti, prendendo il maneggevole remo,

finché a genti tu arrivi che non conoscono il mare,

non mangiano cibi conditi con sale,

non sanno le navi dalle guance di minio,

né i maneggevoli remi che sono ali alle navi.”

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Odissea, XI, 90-137

*Chi è Francesca Dal Cin_ Laureata in Scienze dell'Architettura e specializzata in Urbanistica presso l'Università di Architettura IUAV di Venezia. Nel 2017, avvia il dottorato di ricerca in Urbanistica presso la Facoltà di Architettura dell'Università di Lisbona, FAUL, con la tesi “Streets by the sea. Typo-morphology of Portuguese Atlantic waterfronts facing sea level rise”, finanziata dalla borsa di ricerca dell'Università di Lisbona. Dal 2017 è membro del laboratorio di ricerca formaurbis LAB, team che sviluppa diversi progetti legati all’analisi delle forme urbane. Partecipa a seminari nazionali e internazionali e pubblica regolarmente articoli riguardanti la morfologia urbana delle aree costiere nello scenario dell’innalzamento del livello medio del mare.

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